
Se dieci anni fa qualcuno ci avesse avvertito della trasformazione dei nostri telefonini in un centro multimediale e multi-messaggi, di certo avremmo imparato meglio a convivere coi gruppi della nota applicazione di messaggistica istantanea. Ma non solo con lei. Però oggi voglio affrontare questo spinoso tema: i gruppi su Whatsapp.
Partecipiamo a molti gruppi, quelli del lavoro, quelli del gruppo di amici della partita di calcetto, quelli del gruppo di amici che organizza cene, i gruppi del cazzeggio dove lì si inviano immagini e video comici, insomma ne abbiamo per tutti i gusti. Almeno per me è così. Tralascio i gruppi temporanei che nascono e muoiono per partecipare ad un evento.
Tempo fa vengo contattato su faccialibro, mia personale traduzione a Facebook, da una compagna di classe delle scuole medie e mi chiede se volessi essere inserito nel gruppo omonimo per organizzare una rimpatriata. Per i primi minuti ho avvertito un lungo brivido sulla schiena. Subito mi è venuto in mente il film antesignano dei gruppi WA* e cioè “Compagni di scuola” di Verdone. Ho immaginato il Fabris di turno, il Tony Brando e lo schiaffo d’Anagni e via discorrendo. Pero’, ho pensato, è anche un’occasione per vedere cosa siamo diventati, come la vita ci ha trasformato e quindi dopo qualche momento di mutismo elettronico col cursore lampeggiate, ho dato il mio assenso e il mio numero di telefono e in men che non si dica sono stato catapultato, dopo circa trent’anni, tra i banchi di scuola virtuali della classe che si è ricostituita sullo smartphone. E via di messaggi e immagini di vecchie foto da far prendere uno spavento a Dario Argento e gli immancabili aneddoti scolastici e imitazioni dei professori.
Organizziamo la pizza e ci raccontiamo le nostre vite, per fortuna nessuno di noi ha portato le foto nella scatola di scarpe che sta sopra l’armadio. La serata si conclude col classico selfie collettivo che diventa immagine del gruppo, poi dopo quella sera, dopo altri tentativi di bissare la serata il gruppo è andato sciamando deviando verso il silenzio.
Ovviamente con alcuni ci sentiamo regolarmente e cerchiamo di vederci spesso e ci riusciamo, pero’ quel gruppo silente sta lì come il monolite dell’odissea nello spazio che poi è veramente un odissea organizzare una cena dati gli impegni di tutti.
Concludendo, l’uso sconsiderato di gruppi e notifiche forse ci fa perdere quelli importanti o forse, dopo l’euforia iniziale, l’adrenalina scende e solo a chi importa veramente continuare a rimanere in contatto cerca di animare e vivere il gruppo. Un po’ come è nella vita reale, c’è chi coltiva le amicizie e chi le vive in modo annoiato.
*: Whatsapp