Venti ventidue

E’ uno strano periodo quello che viviamo tra la fine dell’anno e quello nuovo. Sono due anni di pandemia, tralascio tutti i ragionamenti veri o presunti o presunti complottisti perché francamente ci siamo stufati di sentire tutti i giorni le stesse cose; torno quindi allo strano periodo che stiamo vivendo. Verso la fine dell’anno ognuno di noi ripercorre, come in una VHS rigorosamente in bianco e nero, tutti i momenti vissuti e tira le somme, pensa a cosa potrà fare nell’anno che verrà gli errori da non ripetere e via discorrendo.

Al contrario, ultimamente mi capita, penso a come erano le feste di quando ero bambino e di come col tempo si siano trasformate. E penso quindi all’attesa dei regali, alle notti passate insonni a sentire la Befana attaccare le calze alla cucina o a scoprire la mattina dopo che aveva mangiato un pezzo di panettone e bevuto il mezzo bicchiere di vino lasciato sul tavolo, suggerimento della nonna perché a suo dire, se non trovava niente sul tavolo il prossimo anno non sarebbe passata . Alle alzate all’alba con l’emozione incontrollata dello scarto regali.

Con l’età adulta tutto quello si perde. Però una cosa rimane, la mamma che regala la calza della Befana anche se hai più di cinquant’anni. Dai diciamocelo, fa effetto ricevere ancora la calza col carbone se hai superato gli enta e anta. Però vi consiglio di tenervelo stretto quell’imbarazzo del “Dai ma’ ancora la calza”, portatelo sempre con voi così potrete ritornare indietro nel tempo e rivivere quelle sensazione che vivevate da bambino.

Buona Befana e buon ventivendidue.