E alla fine la neve arrivò.

Questa notte il nostro amichetto giallo non ha dormito. Aveva letto scrupolosamente siti di previsioni meteo e ci ha detto che in quota doveva arrivare la neve di agosto. Noi, ovviamente, non gli abbiamo dato tanto peso e ci siamo addormentati con la pioggia battente. Lui è rimasto in finestra.
La mattina, alle luci dell’alba, ci chiama. Era eccitatissimo. Ci svegliamo e andiamo subito in finestra e… la neve era scesa durante la notte sui monti attorno all’albergo. Spettacolo!

Abbiamo atteso la colazione, e poi subito in auto per raggiungere la stazione dei bus di Ortisei. Da lì poi in bus per Passo Gardena.
Mentre salivamo per i tornanti della strada, il paesaggio da verde diventava bianco. C’era come una linea immaginaria che delimitava il manto bianco. Ah la natura è sempre sorprendente.

Scesi dal bus, dopo un caffè al bar del passo dolomitico, ci siamo incamminati verso la chiesetta di San Maurizio costruita dagli alpini. Quanta neve attorno a noi!

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Ecco la prima foto che lo ritrae sulla panchina affianco la chiesa. Dietro di lui potete ammirare il Sassolungo. A dir la verità così pare un pandoro morsicato in più punti con una spolverata di zucchero a velo. Noi cittadini non siamo abituati a questi scenari. Ritorniamo bambini appena vediamo un manto bianco. Infatti è scattata la solita battaglia di palle di neve.

Continuiamo a salire per un po’, il sentiero ricoperto di neve risultava pericoloso da affrontare, per fare un po’ di foto panoramiche. Eccole qui.

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Si trova proprio a suo agio sul manto bianco. Noi un po’ goffi, a mo’ di pinguini, camminavamo sulla neve. Che bello vedere la Dama Bianca a fine agosto. Che regalo inaspettato.

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Giornata memorabile. Stanchezza tanta e freddo atipico per la fine di agosto.
Lui dopo la passeggiata si è rintanato nella mia tasca dei pantaloni, aveva freddo. Una volta sul bus, sulla via del ritorno, ci ha chiesto di metterlo dentro lo zaino perché voleva dormire. Tra un po’ si sveglierà e troverà la meta di domani.

Merano e dintorni.

Il nostro amico, dopo aver passato una notte insonne a vedere il film la Principessa Sissi, ci ha suggerito di andare a Merano, scelta quasi obbligata per via del maltempo.
Ci siamo messi in viaggio, lui era tutto contento perché a Merano c’è la statua della Principessa, che si recava spesso in quella città.

Arrivati, ci siamo subito diretti nel centro. Cittadina carina, ricca di portici e di negozi. I nomi delle strade ricordano i luoghi antichi della città (piazza del grano, ponte della posta…).
Andiamo alla ricerca della statua della Principessa. Dopo qualche consulto sulla cartina per individuare il luogo, siamo arrivati davanti alla statua. Lui ha voluto una foto ricordo. Si è messo letteralmente ai suoi piedi.

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Cercatelo bene nell’immagine. Se lo trovate lasciate un commento.
Continuiamo la passeggiata per le strade e lungo il fiume. D’inverno i lungo fiume diventano i luoghi dove si svolgono i famosi mercatini di Natale. Ci siamo detti di tornare per vederli e per assaporare il sano freddo oggi, invece, era molto caldo, umido e pioveva. Ah questo mal di clima.

Su un ponte sul fiume è scattata la foto ricordo.

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Eccolo fischiettare contento. Siamo andati a pranzo qui . Pranzo ottimo. Prezzi onesti. Consigliamo di pranzare qui se vi trovate a Merano.
Nel dopo pranzo è continuata la passeggiata. Ma la stanchezza dei giorni passati si è fatta sentire e alle tre del pomeriggio viriamo verso l’albergo.

Stravolto dalla giornata cittadina sono crollato nel letto per una profondo sonno pomeridiano. Lui lo faceva dal dopo pranzo.

Col Raiser sulle nuvole.

La notte ha portato consiglio. Lui ha deciso dove andare. Ci siamo avventurati al Col Raiser arrivando in cima al Seceda.
Dopo la classica colazione nutriente, ci siamo diretti al parcheggio della funivia con l’auto. Oggi abbiamo inquinato un po’ anche se la macchina è mezza elettrica e il conteggio della Co2 emessa dovrebbe andare a pari con l’utilizzo del motore elettrico.
Arrivati sul posto, posteggiata tra le strisce bianche (ma sempre richiesto un prezzo per il parcheggio 3,50€), indossato lo zaino abbiamo preso la funivia. Lui era eccitatissimo, era la prima volta per lui in funivia, e ha voluto farsi una foto.

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Eccolo tutto euforico. Qualche turista tedesco nella cabina lo ha riconosciuto e lui, per timidezza, è subito rientrato nella tasca. Secondo me aveva paura.
Arriviamo al punto di partenza per la nostra passeggiata, l’altimetro segna 2107 m di altitudine. Giriamo un po’ per trovare il giusto sentiero per andare sulla cresta del Seceda. Giriamo le spalle e ci si presenta un panorama mozzafiato. Lui ha iniziato a fare casino dentro la tasca e ha voluto farsi una foto.

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Ho dovuto sacrificare la foto panoramica altrimenti si sarebbe confuso con l’erba. Iniziamo la salita. Tempo totale per il giretto, tra salita sulla cresta, discesa alla baita scelta per il pranzo, è di 2h e 2 minuti per un totale di 6 km e 330 m con un dislivello di 363m. Arrivati sulla cresta il panorama ci rapisce. Pareva di stare sul tetto della vallata. Da una parte si vedeva il Sassolungo e il Sassopiatto, il complesso del monte Sella. Dalla parte opposta, Plan de Corones colla Valle Aurina sullo sfondo.
Anche qui c’è stato il momento foto.

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Eccolo in versione scalatore. Arrivato sulla cresta, 2450 m di altezza,  è stato anche lui rapito dall’emozione del panorama. Dopo un po’ mi chiede di metterlo nella tasca perché non riusciva più a rimanere lì e a muoversi. Secondo me soffre di vertigini, ma non lo vuole ammettere.

Scendiamo per andare a pranzo e ci fermiamo, come lo scorso anno, alla baita Daniel (qui il sito). Solita birra Weiss per integrare i sali persi durante la camminata. Pranzo a base di polenta e salsicce alla griglia, dolce della casa a base di panna cotta al fieno e frutti di bosco, grappe digestive.
Finite le grappe comincia la discesa per il parcheggio dove ci sta aspettando l’auto. Una discesa dolce, non come quella del primo giorno. Qualche tratto era ancora zuppo di fango per via della pioggia della notte. Qualcuno è scivolato inzaccherandosi. Chissà chi sarà stato?

Arrivati alla macchina, riponiamo tutto nel bagagliaio, torniamo in albergo e ci siamo diretti per un’oretta all’idromassaggio. Ci vuole dopo una fatica così. Ovviamente lui, come di consueto, ha dormito. Tra un po’ si sveglierà e sceglierà il percorso di domani.

Val d’Anna

Sta per chiudersi questa giornata. Abbastanza lunga. Oggi ci siamo svegliati un po’ tardi rispetto la tabella di marcia che c’eravamo imposti. Eravamo tutti ancora in fase di recupero energie. I dolori muscolari poi ci hanno fatto compagnia tutto il giorno ad ogni passo. La discesa di ieri è stata devastante. A fine vacanza farò un articolo con le foto che mi hanno colpito, così vi farò vedere un tratto della discesa che abbiamo fatto il primo giorno.

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Stamattina dopo aver fatto colazione e aver atteso l’autobus per ben mezz’ora, uno era in ritardo e pieno e non si è fermato, il successivo era dopo una ventina di minuti ma effettuava un altro giro passando per le vie di un frazione e rischiando gli specchietti, siamo arrivati a Ortisei. Su suggerimento del nostro amico abbiamo deciso di andare in Val d’Anna. Ci ha assicurato che ci saremmo riposati dal tappone di ieri, inoltre ci ha detto che è anche un percorso romantico per via di alcune cascate.

Ci siamo incamminati verso questa valle e subito ci chiede una foto.

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Eccolo qui, immortalato sul ponte sul torrente. Ci addentriamo per la valle per questo  cammino defaticante. Camminiamo sulla sinistra del torrente. Percorso per famiglie con al seguito passeggini, figli, cani, nonni. Insomma una strada tranquilla. Lungo il fiume incontriamo amache e panchine e giochi per bambini. Alla destra del ruscello c’è un parco avventura molto interessante. Chissà se riuscirò a convincere Lei? Ma riprendiamo il racconto. Arriviamo subito al cafè di Val d’Anna. Quindi abbiamo deciso di inerpicarci sul sentiero. In mezzo ai prati, sotto ai masi, abbiamo visto tre caprioli intenti a brucare l’erba. La merenda è durata poco, si sono rintanati nel bosco perché impauriti da un cane. Peccato non aver fatto in tempo a scattare una foto. Ovviamente lui era molto euforico, ci ha detto di continuare perché aveva letto che più in là avremmo trovato le cascate.

Sapete lui la notte, mentre noi dormiamo, legge la guida del posto, controlla la cartina IGM per poi suggerirci il percorso il giorno successivo. E’ proprio in gamba.

Continuiamo a camminare, svoltiamo e cominciamo a scendere il sentiero. In realtà notiamo che d’inverno si tramuta in pista da sci. La discesa si fa sentire, le gambe sono a pezzi. Ma arriviamo alla prima cascata. Chiedo se vuole una foto ma mi dice che la vuole a quella successiva.
Riprendiamo i passi e poco dopo arriviamo alla seconda cascata. Qui vuole immortalare il momento.

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Eccolo nella sua meravigliosa sfrontatezza. Guardate che coraggio che ha!
Rimetto dentro lo zaino il telefono, il cappello. Lui mi chiede se può riposarsi e farsi trasportare. Lo accontento. Nel lento incedere dei miei passi sento russare dal mio zaino. E’ lui che dorme beato. Approfittiamo del suo pesante sonno per pranzare e poi tornare indietro. Siamo arrivati in albergo che lui ancora dormiva. Nel silenzio più assoluto, ci siamo infilati i costumi e siamo andati in piscina.
Ancora dorme. Chissà se riuscirà a preparare il percorso di domani?

 

E’ iniziata.

Oggi primo giorno di avventura per il nostro inseparabile compagno di viaggio. E’ voluto venire con noi a tutti i costi. Lo avevamo avvertito.
Oggi prima sgambatina di riscaldamento per i suoi muscoli. Sveglia nella norma, colazione nutriente, yogurt con frutta, caffè, acqua e frutta secca.
Pronti per la tappa odierna siamo andati a prendere il bus, vogliamo ridurre il nostro impatto sull’ambiente. Anche il nostro compagno la pensa così. Ha voluto farsi fare una foto in attesa del bus.

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 Vanitoso. Lui lo sa. Ma è molto contento di farsi portare in giro dal sottoscritto. Una volta preso il bus, siamo scesi ad Ortisei per dirigerci alla funicolare. Sorvoliamo sul prezzo del biglietto di sola andata è meglio, ma per fortuna abbiamo deciso di scendere a piedi al ritorno. 

Arrivati in cima in soli 8 minuti (ah questa mania di velocità è noiosa). Iniziamo la leggera passeggiata. Arriviamo in cima, 2281m segna la cartina. Noi un po’ affaticati, è il primo giorno diamine. Lui molto tranquillo. Eccitato. 

Scendiamo dalla cima e puntiamo verso il rifugio Utia de Resciesa (qui il link ) per il pranzo. Era eccitatissimo e ha voluto farsi una foto per ricordare dove è arrivato. Nessuno della sua specie, prima di lui, si è spinto così in alto.

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Dopo il pranzo ci siamo subito messi in cammino per la discesa. Le previsioni meteo davano pioggia per le 15:30 (ricordatevi questo orario). 

Il segna sentiero  ci dice che per scendere impiegheremo ca 1h e 40′ . Inizia la strada. Una bella discesa, le gambe dopo ca 40′ minuti chiedevano pietà. Via di montagna, percorribile anche col fuori strada. Incrociamo in due punti la funivia che avevamo preso la mattina. Ad un tratto, il segnavia ci dice di girare per rispettare la tabella di marcia. Altrimenti potevamo continuare allungando di un’altra ora il cammino. Le gambe, le ginocchia e la testa ci hanno fatto svoltare a destra per il sentiero in mezzo al bosco. Dapprima allietati dall’ombra e dal profumo dei cirmoli (il pino cembro), la svolta si presentava ancora più ripida di quella che avevamo lasciato (il detto chi lascia la strada vecchia per quella nuova è vero!!!). In pratica appariva come una un misto tra strada romana e letto di torrente asciutto. Sassi, ciottoli, disposti ordinatamente da mano umana. Insomma altra dura prova per le nostre articolazioni. Quelle del compagno di viaggio stavano rilassate nello zaino sulle mie spalle. 

Finita la tortura, per le ginocchia intendo, siamo arrivati al punto di partenza. Ad Ortisei, alla stazione dei bus. Il nostro partirà alle 15:35. Abbiamo una mezz’ora buona per riposarci un po’ e bere dell’acqua. 

Ci avviciniamo alla stazione dei bus. L’orologio segna le 15:28. Il bus c’è. Apre la porta anteriore per far salire ordinatamente i viaggiatori e per controllare che passassero il biglietto nella timbratrice ( obliteratrice sarebbe più corretto, ma siamo in pochi a ricordarlo). Noi in fila semi ordinata in attesa di salire. Alle 15:30 ecco che arriva la perturbazione meteo annunciata dalla mia app (vi avevo detto di ricordarvelo). Insomma nei tre minuti di attesa per salire ci siamo inzuppati come se non ci fosse un domani. Ma la cosa più comica è che capitava a noi lavoratori nel trasporto pubblico. Quasi una vendetta dei passeggeri romani. 

Saliti e tornati alla base, dopo una doccia calda per toglierci di dosso l’umidità della pioggia, ci siamo tuffati in piscina con idromassaggio. Il meritato ristoro per i camminatori. Ah il nostro amico è rimasto in camera a dormire. Era molto stanco.

Sul lettino

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Periodicamente vado dal fisioterapista/osteopata per riallineare tutte le ossa e sciogliere qualche tensione muscolare. Ci conosciamo da molti anni, siamo stati compagni di squadra. Ha le mani d’oro. Poi a fondo articolo vi lascio l’indirizzo web così se volete potete toccare le sue mani.

Quando mi trovo sul lettino, tra una manipolazione e un’altra, parliamo del più e del meno. Oggi la conversazione è virata sul perché nella Capitale non riusciamo a valorizzare meglio il patrimonio artistico e culturale, dopo un suo soggiorno nel nord italia.  Allora rispondo che bisogna leggere la storia per capire. La storia ci dice che al romano delle antichità le ha sempre vissute come una cosa che sta lì, intrinseca al paesaggio. Nel Foro Romano pascolavano le vacche, si facevano formaggi, ci si appartava e gli stranieri (vedi Goethe) andavano matti per il trattamento che riservavamo alla storia. Ecco a Roma si usa il Colosseo come una rotatoria per le auto. Cosa c’è da aggiungere? Forse se il Colosseo fosse stato in un’altra città estera, che so Barcellona, avrebbe avuto un uso diverso (infatti a Barcellona sfruttano pure il “cantiere” della Sagrada Familia, noi non riusciamo nemmeno a costruire uno stadio!).

Tutto questo per dire che fuori dal raccordo anulare si usa un metodo diverso di conservazione e rispetto per il patrimonio culturale. Speriamo che il nostro atteggiamento cambi. Dobbiamo avere più umiltà e consapevolezza di dove siamo nati, ricordando anche l’immensa fortuna che abbiamo a vivere in una città stupenda e ricca di contraddizioni come Roma.

 

P.s.: vi metto il link dello studio di Michele, se passate da Roma consideratela come tappa alternativa al vostro viaggio.

PP.s.: vi metto anche un link su Goethe così per farvi un’idea.

Passeggiate

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Oggi pomeriggio dopo il lavoro mi sono regalato un attimo di relax con una passeggiata nel quartiere. E’ iniziata circa un’oretta prima che facesse buio. La pioggia dei giorni scorsi è cessata e il sole di questi giorni sta asciugando l’umidità accumulata dall’acqua caduta incessantemente.

Si inizia a respirare la prima aria di primavera, le giornate si sono allungate e il sole comincia a scaldare. Il freddo russo di fine febbraio pare un ricordo lontano. Gli alberi e gli uccelli cominciano a risvegliarsi dall’inverno appena passato.

Ho camminato per le strade interne del quartiere, quelle meno battute dalle auto. Nella piazza, davanti la scuola, le mamme e i papà fanno giocare i bimbi appena usciti. Le badanti fanno passeggiare gli anziani. Molti negozi hanno chiuso al loro posto nuove attività. Dove c’era un pub, che chiamavamo dei “surfisti” per via delle tavole da surf per tavoli, ora c’è un centro estetico, dove c’era un cinema ora una sala tipo bingo.
Giro l’angolo e scorgo un parrucchiere gestito da cinesi e la mente va subito al film “Blade Runner” chissà. Un merlo nell’aiuola col becco cerca qualcosa, ci scambiamo uno sguardo di ispezione, si sposta e continua il lavoro col becco.
Continuo ad osservare i cambiamenti ed arrivo a lei. Tutti noi monteverdini la conosciamo. Lei è la scalinata in foto. La scalinata che unisce il nuovo al vecchio. La scalinata che la mattina, ma anche al ritorno, facevo per andare a scuola. La vedo, ci salutiamo, e inizio coi suoi gradini. Uno dopo l’altro. E arrivo su in cima. Mi giro e i palazzi di Donna Olimpia appaiono più piccoli. Continuo e ripercorro il viale che porta alla mia scuola superiore. Quanti ricordi, quante attese. Ora al suo posto c’è un’istituto artistico. La mia è stata accorpata poco più sotto con i geometri. Il boom demografico è terminato e lentamente le classi si riducono e si accorpano le scuole. Poco più in là c’è ancora il palazzo della Provincia di Roma. Ma non erano state abolite? Boh?

Inizia a fare buio e allora viro verso casa. Passo ancora per le vie secondarie, risalgo per le case popolari di Donna Olimpia tanto care a Pier Paolo Pasolini, lui per un periodo abitò con la madre a Via Fonteiana, ed eccomi di nuovo nella piazza del mercato rionale. Attraverso, saluto Stefano il proprietario del Pub “Le Bon Bock“, se vi capita di stare nei paraggi la tappa è obbligata: è il migliore di Roma.

Il contapassi segna 12.637 passi. Camminare per il proprio quartiere è sempre un emozione unica.

 

Messaggi vocali

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Passeggiando per le strade della vostra città, avete notato come molte persone che incrociamo parlino al telefono. Non la “solita” chiamata, ora va di moda il messaggio vocale su quelle app di messaggistica instantanea che tutti conosciamo. Li capisco fino ad un certo punto però. Se si sta inviando un messaggio vocale ad un gruppo di persone si capisce di più, ma inviarlo end-to-end ad una persona mi chiedo il perché.

Insomma perché inviare un messaggio audio di alcuni minuti al posto di telefonare? C’è una specie di narcisismo mediale in questo? Forse, non appartenendo ai millenials, non riesco a capire questa “novità”.

P.s.: preferisco una telefonata al posto dei messaggi. Una telefona allunga la vita diceva uno spot. Il messaggio audio cosa fa?

 

Mezzi pubblici

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Si sa, sui mezzi pubblici viaggiano molte persone. Persone che non si conoscono. Persone che condividono un pezzo della loro vita. Persone stipate, una affianco all’altra.
Tra queste persone viaggiano, spesso, molti migranti. Ieri sera due. salgono sul treno della metro. Uno su una sedia a rotelle veniva assistito dall’altro e inoltre avevano, come segno distintivo, come una “divisa”, buste della spesa e borse al seguito.

I compagni di viaggio, forzati dalla vicinanza, guardavano con disgusto. Forse perché il loro profumo non era dei migliori. Si mettono a chiacchierare. L’annunciatore di fermata spara dagli altoparlanti la fermata. Prima che si aprano le porte iniziano a prepararsi. Riprendono le loro buste, le borse. Le sistemano sulle ginocchia di chi è sulla sedia. Ecco aprirsi le porte. Scendono. Si guardano attorno per individuare l’ascensore. Uno inizia a spingere la sedia e le ruote iniziano a muoversi sul pavimento di linoleum. Prima di arrivare alle porte dell’ascensore, sulla banchina, si voltano verso il conducente e con una mano ed un sorriso lo ringraziano per il viaggio offerto. Il conducente sorpreso, di solito ha questi gesti così gentili anzi tutto il contrario, accende la luce della cabina e ricambia il saluto e il sorriso.

Il treno sparisce nel tunnel e i due aspettano l’ascensore che li riporta a casa.

 

Trasformazioni

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Camminando per le strade del quartiere, si possono notare i cambiamenti in corso. Si pare una scena dei film di Nanni Moretti, però è quello che mi salta agli occhi.
Scuole private, gestite dalle suore, che diventano alberghi. Negozi che cambiano stile molto più velocemente di prima, altri che sono uguali a trenta anni fa.

Insomma il tempo scorre e con esso cambiano abitudini, gusti, mode. La crisi ci ha messo del suo e lo si può ben vedere. Ad ogni angolo, davanti ai bar, davanti ai supermercati trovi il questuante e qualcuno che gli da qualche moneta, offre colazione. Trovi anche le persone che, vedendo quelle scene, iniziano a parlare ad alta voce disapprovando il gesto, forse non si ricordano da dove vengono o forse, con l’avanzare dell’età (diventerò così anche io), diventiamo tutti un po’ più intolleranti.

Insomma, la città cambia, la società cambia. Quelli che una volta erano piccoli gesti di solidarietà sono stati fagocitati  dalla “moda” dell’egoismo.

Mi sento un pò come Leonida Montanari sul patibolo, nella versione cinematografica di Luigi Magni: “Bonanotte popolo!”