Orto in giardino

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Lo scorso anno ho aderito al progetto di un ragazzo (il vecchio contadino), dove lui proponeva gli orti in affitto. Ho preso, insieme a mio fratello, l’orto per la stagione invernale (ottobre-febbraio). Abbiamo così  mangiato i broccoli e cavolfiori e carote e finocchi. Nei giorni prestabiliti andavo all’orto e raccoglievo dalla pianta. Una bella iniziativa. Lui, il vecchio contadino, pensava alla “manutenzione” dell’orto, gli ortolani dovevano solo raccogliere.
Verso gennaio scorso ha proposto l’affitto dell’orto estivo ed ho subito aderito. Quello estivo è più colorato, più produttivo rispetto a quello invernale.

La settimana scorsa ricevo un messaggio dal contadino dove mi avverte che, per le poche adesioni all’orto estivo, il progetto “orti in affitto, io coltivo tu raccogli” non partiva ma si evolveva in un unico orto grande dove si prendevano i frutti e si pagava a peso forfettario. Dopo una rapida consultazione con la mia fidanzata, abbiamo deciso di provare a fare un orto nel giardino. Lo abbiamo deciso perché non ci piace l’idea dell’orto unico, anche se ci siamo promessi di passare qualche volta per prendere il formaggio e le uova. Auguriamo al “vecchio contadino” buona strada.

Armato di vanga, dopo aver ricevuta una lezione di vangatura dal vicino 82enne e dopo aver delimitato l’area scelta per realizzare l’orto, ho iniziato a smuovere la terra. Lo potete vedere nella foto in alto. All’incirca sono 30 mq. Spero che per metà mese di aver finito l’operazione di vangatura e concimatura ed iniziare a piantare l’orto estivo.

Cercherò di aggiornare questo blog sugli avanzamenti della coltivazione e produzione. Stay tuned.

Il telefono tira le somme.

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I possessori del melafonino, dall’ultimo aggiornamento del sistema operativo, ogni settimana, ricevono la notifica del tempo di utilizzo del device. Ogni domenica leggono quanto tempo passano davanti allo schermo, quante notifiche ricevono e così via.

Oggi, domenica, la notifica è arrivata. Puntuale. Mi dice che la mia media di utilizzo è aumentata dalla scorsa settimana, ben 8% in più. Insomma tanto, secondo me. Il totale settimanale conteggiato dalla app è di ben 36h e 38 primi. Di questo tempo mi conta anche quanto ne ho passato sulle singole applicazioni. 7h e 50 minuti sul noto programma di messaggistica istantanea, 4h con il gioco delle caramelle, stesso tempo per il social network della effe e via contando. Sorvolo, si fa per dire, sulle notifiche ricevute (ca 241 al giorno) e veniamo al mio pensiero che vorrei condividere con voi che leggete.

Questa applicazione nativa dell’Iphone è molto utile. Utile perché ti fa capire quanto tempo si passa sul piccolo schermo. Insomma i numeri ti mettono con le spalle al muro, ti inchiodano e ti fanno pensare. Se prendiamo i miei dati settimanali praticamente ho passato un giorno e mezzo a ricevere e leggere e inviare messaggi, giocare per passatempo e via discorrendo. Quindi su sette giorni a disposizione ne ho buttati, si è così non prendiamoci in giro, tre. Troppi. Devo cambiare questi numeri.

Alla luce di quanto scritto, visto anche il  tempo buttato davanti ai cinque pollici di vetro, comincerò dal modificare le mie, insane, abitudini. Prima cosa, ridurrò la mia attività sui social fino alla cancellazione, oramai sono diventati bar aperti h24 dove la gente vomita qualunquismo. Torno indietro, agli albori del web. Ecco. Sceglierò quali account tenere aperti sui social, poi taglierò i fronzoli. Via.

Ai possessori del melafonino suggerisco di intraprendere la stessa strada se non vorrete aumentare i minuti trascorsi sul telefono.

Ovviamente vi aggiornerò sugli sviluppi della mia personale lotta col tempo. Stay tuned.

Bohemian Rapsody (riflessioni semi serie)

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Lo scorso lunedì, dopo una lunga assenza nelle sale,  sono andato a vedere il film Bohemian Rapsody. Fermi non è una recensione, voglio solo raccontarvi quello che penso dopo averlo visto.

Sono un grande appassionato, quasi tendente al fan, dei Queen. Così tanto appassionato che dopo la dipartita del cantante per me è stato molto difficile continuare ad ascoltare i loro LP. Li ho conosciuti in un negozio di dischi del mio quartiere. Era il 1989 quando riuscii ad acquistare la cassetta dell’album The Miracle. La loro musica mi entrò subito nel cuore e nella testa. Da lì iniziò un innamoramento del quartetto inglese. Il mio walkman era solo per loro. Un anno, per il mio compleanno, i miei amici mi regalarono il VHS del concerto Live at Wembley e li costrinsi a guardarlo con me. Poi col tempo ero riuscito a reperire tutta la loro discografia. Ma nel novembre 1991 tutto crollò. Da lì in poi iniziò un lento oblio, come a volerli conservare dentro di me. E’ accaduto anche con un altro gruppo: i Nirvana, ma ne scriverò in un altro articolo.

Dicevo, lunedì sono andato a vedere il film un po’ per curiosità, un po’ per rivedere un vecchio amore e così è stato. Insomma rivedere, e risentire quelle note, è stato come incontrare un amore passato, una passione sopita. Non è un documentario sulla band, è un film e quindi una storia romanzata, ci sono delle imprecisioni, certo, ma chi se ne frega. La storia tiene, la musica, e che musica, la fa da protagonista. Insomma mentre lo guardavo ripensavo ai giorni passati in loro compagnia, a vedere come Freddie si muoveva sul palco, i suoi abiti e tutta la band e la folla che saltava e cantava. E qui arrivano le considerazioni del nuovo innamoramento.

La prima: peccato non aver partecipato ai loro concerti. Chissà se fosse stato ancora vivo avrei fatto di tutto per assistere ad un loro spettacolo. Peccato che sia morto troppo presto. Se fosse ancora vivo, i suoi baffi tendenti al bianco, la sua voce…

La seconda: ma quando ricapitano gruppi così? . Non si vedono all’orizzonte musicisti e cantanti e gruppi capaci di trasmettere quello che trasmettevano loro e con loro i gruppi “anziani” della musica poprock.
Devo dare ragione a Gino Castaldo che giorni fa scriveva un articolo molto interessante sull’argomento “musica pop rock”

La terza: la forma liquida che la musica, ma non solo, ha intrapreso, la sta trasformando. Digital store, programmi di streamig audio, Mp3, Flac e via discorrendo hanno cambiato in modo indelebile la sua fruizione. Se tornate un po’ indietro col testo riuscite a trovare dei termini che alcuni di noi, intendo della popolazione mondiale, nemmeno conoscono. VHS, musicassetta, walkman sono cose del secolo scorso però era un altro modo di sentire, e non di ascoltare, musica.
Insomma la tecnologia è andata avanti, ma se vogliamo sentire davvero la musica dobbiamo affidarci al buon vecchio vinile. Non agli Mp3, AAC e altri algoritmi informatici.

Concludendo, andate a vedere il film se siete nati sul finire del secolo scorso. Fatelo vedere ai vostri figli, non solo per la storia che il film racconta (altro che talent!), ma soprattutto per fargli sentire della buona musica. Quando tornate a casa andate subito su Youtube e fategli vedere la performance del Live Aid. Le loro orecchie vi ringrazieranno.

Verona e dintorni.

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Eccoci qui per raccontare e raccontarvi i nostri giorni veronesi con l’amico giallo. Siamo partiti la mattina presto, col treno AV. Lui era la prima volta che lo prendeva ed era emozionatissmo. La sera prima mi chiedeva il funzionamento del treno, la sua velocità massima. Insomma non stava nella sua pelle gialla ed ogni tanto mi chiedeva una banana.
Dicevamo… appena arrivati in stazione si è subito voluto far fare la foto di rito e poi colazione in terrazza. Via alle 7.15 il treno è partito. Molto velocemente, sul tratto dell’alta velocità, ha toccato i 245 km/h.

Il viaggio è trascorso tranquillamente. Chi ascoltava la musica, chi guardava un film, chi leggeva un giornale. La tranquillità è andata persa una volta fermati a Bologna. Lì i passeggeri che dovevano scendere si sono messi in fila nel corridoio in attesa dell’apertura delle porte. Noi guardavamo sornioni i nostri compagni di viaggio. Il treno si ferma e inizia la fase di discesa. Ad un tratto però, col vagone ancora pieno, la porta comincia a chiudersi e molti non fanno in tempo a scendere. Colti di sorpresa e meravigliati, il treno comincia a muoversi. Chi doveva scendere inizia a urlare, altri a dire: “fermate il treno!”. Ad un tratto un passeggero tira l’allarme credendo, in buona fede, che il treno si fermi. Invece rallenta e arriva la capotreno che si becca la sfuriata di circa 20-25 persone. Lei in evidente difficoltà, una volta ripristinati gli allarmi e verificato che nessuno stava male, ha detto a chi era rimasto a bordo che li avrebbero portati a Verona e poi indietro a Bologna. Dopo questo episodio, lasciamo i nostri compagni, forzati, di viaggio a Verona ed iniziamo la vacanza.

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Verso sera, a piazza Brà, l’amico giallo vuole la foto con dietro l’Arena. Subito accontentato. Stanchi, girovaghiamo per le strade della città. Ero già venuto a Verona ma per lavoro. Non ho avuto tempo di vederla nella sua bellezza. Grazie Alessia, me l’hai fatta vedere con altri occhi e da innamorati.  A proposito di innamorati, eravamo venuti qui anche per accontentare la sua voglia di vedere il famoso balcone della casa di Giulietta. Siamo nella città dell’amore.

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Eccolo qui, ai piedi di Giulietta. Era emozionatissimo. Vedere i biglietti sui muri e le dediche e i lucchetti di tutti quegli innamorati che dichiarano pubblicamente il loro amore lo ha commosso. A dir la verità anche noi abbiamo letto quasi tutti quei messaggi e  abbiamo respirato quell’aria densa e profumosa che solo gli innamorati sanno percepire. Concludiamo la serata con un’ottima cena presso una tipica osteria veneta con polenta, lardo e buon vino ed una passeggiata in città.

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Il giorno dopo ci alziamo presto, colazione e via in stazione per prendere il treno regionale per Venezia.

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Per chi scrive è stata la prima volta nella città lagunare. Sono rimasto estasiato dalla sua bellezza e tipicità. Quelle vie labirintiche, l’odore di salmastro  che c’è nell’aria, i suoi ponti, le gondole col loro sbattere l’onda ti colpiscono subito. Giriamo per tutto il giorno per le sue vie e negozi e ponti. Arriviamo in piazza San Marco e tra l’acqua alta che si sta ritirando riusciamo ad entrare nella basilica. Con una nota applicazione prenotiamo il pranzo e facciamo riposare le nostre gambe provate dal passeggio tra le calle.

Dopo pranzo ci dedichiamo alle foto ricordo del nostro amico per i ponti veneziani.

Ritornati a Verona porteremo per sempre i ricordi di questa incredibile città. Il giorno dopo scegliamo di visitare Mantova.

La città dei Gonzaga. La città dei laghi anche se sta sul fiume. La città di Virgilio.

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Camminiamo tra le strade mantovane. La costante, dato il periodo, è la nebbia. Avvolge la città, i suoi palazzi e i laghi. Città elegante, rinascimentale e medievale. Mi piace pensare come doveva essere a quel tempo. I cavalli coi cavalieri, gli artisti coi loro affreschi, i nobili coi loro vestiti. Si respira ancora quel sapore.
Andiamo alla ricerca della sbrisolona, il famoso dolce mantovano. Trovata, ne abbiamo acquistate due per portarle nella capitale.

Il nostro break autunnale volge al termine. Ci siamo ripromessi di tornare a Venezia e Mantova in un altro periodo per godere a pieno le bellezze che la nebbia ci ha nascosto.

Sul treno del ritorno che ci riporta nella capitale, ci prende un po’ di nostalgia. Nostalgia dei giorni passati a fare i turisti, ai bicchieri di buon vino bevuti e alle foto del nostro amico giallo. Al prossimo viaggio!

 

Orti e dintorni

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Come vi avevo accennato a fine settembre, mi sono imbarcato nell’avventura dell’orto in affitto. Sono riuscito a coinvolgere mio fratello, con la sua famiglia, in modo da ridurre gli sprechi e condividere la spesa dell’affitto.

Da inizio ottobre due volte a settimana mi reco “in campagna”  per la raccolta. Il vecchio contadino, ma è un ragazzo, usa i social, una lista whatsapp e la sua pagina facebook,  per avvertire gli ortolani della raccolta. Oltre a prendere gli ortaggi c’è un piccolo mercatino di vendita di prodotti locali, miele e formaggio e ricotta e uova e vino, che fanno da cornice alle file numerate degli orti.

Insomma da circa un mesetto abbiamo raccolto e mangiato le insalate, la cicoria, la bieta, quando sono presenti prendiamo le uova. Oggi abbiamo preso un barattolo di miele. Insomma la scelta è stata giusta. Si mangia bene, i prodotti molto buoni e rigorosamente bio. Ancora dobbiamo raccogliere i cavoli, i broccoli e i finocchi, le carote. Dalla prossima settimana il contadino pianterà insalata iceberg, cipolle, cicoria, bieta per continuare la raccolta per la stagione. Le spese di insalate e altri ortaggi che di solito acquistavamo al supermercato si sono di fatto annullate.

L’avventura continua e iniziamo a prendere contatto anche con la comunità di ortolani che ha abbracciato il progetto di questo ragazzo. Vi terrò informati una volta al mese.

Villa Pamphilj

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Dopo il turno mattutino e altri impegni, nel pomeriggio mi sono concesso una passeggiata rigenerante, defaticante,  a Villa Pamphilj.

Chi abita questo quartiere, Monteverde, sa che Villa, cosi la chiamiamo amichevolmente, può considerarlo il proprio giardino. Un’estensione verde della comunità. Un’oasi all’interno della capitale. Entri e subito sei immerso nella natura e come per magia i rumori urbani di motori e clacson e traffico spariscono, si fanno più soffusi.
Entrando, oggi, subito mi si parano davanti due suore come a dovermi ricordare che in fin dei conti, nella Città Eterna, dobbiamo avere a che fare con la religione.

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Le lascio passare, le sento parlare a bassa voce quasi a non voler disturbare, e continuo la camminata tra i viali e le fontane e gli alberi della storica villa. Qui, durante la difesa della repubblica romana nel 1849, fu teatro dei uno dei più cruenti ed aspri scontri tra le truppe francesi che occuparono palazzo Corsini, a via della Lungara, e le truppe garibaldine che tentarono di riconquistarlo. Se entrate dalla parte di Porta San Pancrazio, potete vedere ancora le palle di cannone incastonate tra i muri. Qui durante un assalto fu ferito a morte Goffredo Mameli. Certo la villa era diversa da come la conosciamo oggi, era un tutt’uno con la campagna romana che dalle mura aureliane si estendeva fuori la città. Insomma sono luoghi importanti. Ogni anfratto di questa città è ricco di storia.
Mi addentro verso il laghetto e tra i cigni e papere e germani reali la mascotte della villa, una volpe chiamata Giglio, si trova a suo agio e guarda sorniona gli esseri umani. Sul perimetro del lago artificiale è un via vai continuo di animali, tartarughe acquatiche abbandonate da qualcuno che hanno trovato il loro habitat proprio qui. Ahimè noto anche che una colonia di topi passeggia tranquilla tra i pezzi di pane e scarti di cibo che la gente porta per i pennuti. Con il loro fare ansioso cercano di raccogliere e mangiare più cibo possibile. Ci vorrebbe una bella colonia felina per cercare di controllare il loro proliferarsi.

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Prendo il viale a sinistra del laghetto e inizio una leggera salita che mi porta verso i “campi polo“, chiamati così perché in questo pezzo pianeggiante molto grande pakistani ed indiani giocano a cricket. Forse qualcuno ha sbagliato a chiamarli campi polo, chissà. Forse fa parte di quelle leggende metropolitane, tipo i coccodrilli nelle fogne.

Prima di arrivare ai “campi polo” sulla destra posso notare lo skyline del quartiere col tipico campanile della parrocchia Madonna de la Salette che si staglia alto tra i palazzi.
Continuo, do uno sguardo al Casino Algardi e al suo bellissimo giardino. Costeggio  la recinzione dei giardini e torno verso l’inizio della villa.
A farmi compagnia durante tutta la camminata il canto dei pappagalli che hanno preso possesso di alberi e anfratti. Con la calura estiva, se vi capita di venire a villa, pare di essere in una foresta tropicale dal chiasso che fanno questi pennuti dai colori sgargianti.
Termino da dove sono entrato andando a bere alla fontanella che da molto tempo fa sgorgare l’acqua. Ora hanno installato un rubinetto a pulsante, prima c’era una testa della lupa capitolina che buttava acqua dalla bocca e dal naso, se con le mani si faceva da tappo.

Oggi è stato un tuffo nella natura urbana, un ritorno al passato, alle domeniche pomeriggio trascorse in bici o col pallone, con colonna sonora la trasmissione radio “Tutto il calcio minuto per minuto” . Ora la radio è stata sostituita dall’ipod o smartphone, tutti chini, me compreso, a controllare notifiche e varie amenità tecnologiche distraendoci dalla natura che continua a modificare il paesaggio della villa.

Nuova avventura.

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Qualche giorno fa ci imbattiamo su un video su Facebook. Un ragazzo spiegava un’idea semplicissima, ma molto valida. Lui mette a disposizione un’orto. In affitto. Lui lo coltiva, lo cura, tu raccogli (questo lo slogan con tanto di hashtag che non guasta mai: #iocoltivoturaccogli ).

Sabato scorso siamo andati all’evento “porte aperte” per sentire in prima persona il progetto, come funziona, conoscere “il vecchio contadino” , così si fa chiamare. Oltre alla spiegazione c’era una tavola con un piccolo aperitivo, bevande e miele e formaggi. Il miele ed il formaggio buonissimi, una ricotta spettacolare. Insomma dopo questi piccoli assaggi, sentito la spiegazione del progetto, abbiamo preso una zucca, tagliata direttamente dalla pianta, un po’ di ricotta e un pezzo di formaggio. Ci siamo lasciati con l’impegno di risentirci per fargli sapere se accettavamo di partecipare a questa avventura. Dopo qualche consulto in famiglia, ci siamo decisi. Abbracciamo il progetto di questo ragazzo. Insomma proviamoci e vediamo come va. Certo l’orto invernale ha tante incognite (grandine, mal tempo, gelo), non è come quello estivo che è più colorato, ma visto che sono un’idealista mi è subito piaciuta questa idea dell’orto in affitto.

Ne potevo fare uno io? Si tempo fa lo feci. Ma ho visto che richiede molto tempo da dedicare ed io ne ho poco. Però non chiudo la porta definitivamente, anzi, studierò, ruberò con gli occhi tutti gli accorgimenti che questo “vecchio contadino”  fa nel campo.
Chissà se poi, un giorno non lontano, può diventare un lavoro vero e proprio?

Vi aggiornerò per farvi sapere come sta andando.

Vi lascio il link della pagina facebook dove potete vedere questa idea. La pagina serve anche ai partecipanti per verificare la crescita delle piante se non si ha tempo, o voglia, di passare al campo. Qui il link 

Coordinate

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Con questo articolo vi diciamo dove siamo stati nei giorni scorsi.

Abbiamo soggiornato qui: NaturHotel La Cort Hotel a conduzione familiare. Albergo con panorama sulla valle Gardena, bellissima la veranda che domina il paesaggio e dove si mangia. Nel hotel c’è una rilassante e grande spa. L’idromassaggio, le saune, le docce speciali ti rimettono al mondo dopo una giornata tra le montagne. Camere molto grandi e cucina fantastica e mai banale completano il tutto. Ma, inoltre, ci ha colpito la passione e la professionalità della famiglia che lo gestisce. Maria, la figlia, Martin, il padre e Karin la mamma, insieme a tutto lo staff dell’albergo formano un’ottima squadra. Sempre pronti a dare consigli su quali posti visitare, cosa fare in valle a Ortisei. Vogliono farti capire la cultura ladina  dei valligiani. In fondo una vacanza è, soprattutto, mescolanza di vita. Bravi. Continuate così.

Ad Ortisei per l’aperitivo pomeridiano siamo andati qui: Bar Soviso. Bar al centro di Ortisei, musica dal vivo e uccellini che partecipano attivamente agli aperitivi aspettando che qualcosa cada dai tavoli.

Dove abbiamo mangiato a pranzo lo trovate disseminato nei vari articoli della vacanza. Non li pubblichiamo.

Spesso ci siamo mossi coi mezzi pubblici. L’abbonamento settimanale lo ha fornito l’albergo. Ogni tanto, visto il flusso turistico di passeggeri, i bus sono in ritardo, aspettate e non fatevi prendere dall’ansia cittadina degli orari.

I parcheggi nella valle sono quasi tutti a pagamento. Le tariffe variano da parcheggio a parcheggio e, anche, dall’orario.

Se volete potete fare un abbonamento di tre giorni o sei giorni  per usufruire delle funivie del comprensorio. Noi non lo abbiamo fatto. In alcune escursioni siamo saliti e scesi a piedi.

Passate sempre all’ufficio informazioni dei paesi, se vi sfugge il bollettino dell’albergo, per poter sapere le attività, molte, della valle. Qui il sito se volete organizzarvi prima.

Ecco, queste sono le coordinate per muoversi almeno un po’ nella valle. Speriamo che le “coordinate” siano utili.

Vìves!

Vallunga, una tranquilla passeggiata.

L’amico giallo, che si è imbucato con noi in vacanza, ci ha confezionato questa passeggiata defaticante in Vallunga. Passeggiata per tutta la famiglia se fate il percorso facile, dalla Vallunga partono sentieri molto impegnativi per il parco Puez-Odle. Ah se conoscete la ferrata Sandro Pertinivi comunico che è stata smantellata e il passaggio è chiuso. Così recita un cartello all’entrata del parco.

Appena dentro potete vedere la cappella di San Silvestro (la potete vedere in foto, piccola sullo sfondo). Tipica costruzione tirolese, tetto spiovente con tegole in legno, altare col Santo e piccole panche per sedersi.
Quello che ci ha colpito di questa valle, oltre all’imponente paesaggio naturalistico, è stato il silenzio, anche se oggi era giorno di esercitazione per il gruppo di Carabinieri Alpini e l’elicottero faceva la spola dalla base al campo di addestramento. Pero’ il frastuono delle pale non è durato molto e nella valle sono tornati a riecheggiare i campanacci delle mucche al pascolo.

 

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Che verde! Che montagne! Che spettacolo. Abbiamo camminato per circa due ore immersi in questo verde.

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Il nostro giallo amico ha voluto delle foto artistiche questa volta! (si fa per dire).

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Lungo il sentiero, sulla sinistra al limitar di alcuni alberi, incontriamo una croce con una foto. Mi avvicino e leggo che commemora una giovane ragazza che aveva troppo amore per la montagna. Un pensiero a lei prima di riprendere la marcia.

Il sentiero si addentra sempre di più, un laghetto sulla sinistra ci saluta, passiamo una staccionata e arriviamo alla fine della nostra camminata odierna.

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Questo masso ci dice che se vogliamo continuare ci sarà da salire per altre due ore per la forcella per poi virare verso passo Gardena, il tutto su un sentiero che cammina sulle creste dei monti che noi vediamo da qui sotto la valle. Rimaniamo un po’ in questo angolo incantato, salutiamo qualche mucca in alpeggio, ci ristoriamo alla fontanella vicino ad un crocifisso, qualche foto e si torna da dove eravamo partiti.

thumb_IMG_3952_1024(Particolare della fontanella trovata al plan della Vallunga)

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(Centro Addestramento Carabinieri Alpini. Targa commemorativa).

Tornati all’entrata siamo andati alla baita Ciampac . Prima di arrivare siamo passati accanto alla caserma dei Carabinieri e scopro che lì vi soggiornò il Presidente Pertini.
Ah quanto mancano queste figure di peso politico.

 

Oggi è l’ultimo giorno di vacanza e pertanto ci siamo dedicati ai pensierini/ricordo per i nostri nipotini. Niente spa dell’albergo. Non ne avevamo il tempo.

La vacanza dell’intruso è finita. Non voleva tornare con noi, ma siamo riusciti a metterlo in auto. Mentre leggete queste righe siamo in viaggio verso la Capitale, purtroppo il ritmo metropolitano prenderà il sopravvento e i luoghi che abbiamo visitato li porteremo con noi per affrontare con nuova grinta il tempo che ci aspetta per la prossima vacanza estiva.

 

 

P.s.: farò un articolo per darvi tutte le coordinate dove siamo stati.

 

Dopo la neve, il sole!

Dopo la neve, il sole! Oggi nemmeno una nuvola era in cielo. Limpido, azzurro. Al mattino ancora un po’ freddo, ma poi l’aria si è intiepidita.

Questa notte il nostro amico ha studiato un percorso. Ci ha detto di andare sull’altopiano delle Alpe di Siusi passando per il sentiero che porta a Bulla e poi via verso i prati verdi frequentatissimi dalle mucche di alpeggio.

Il sentiero inizia subito in salita. Una salita non impegnativa, costeggia il torrente che da monte scorre verso il Rio Gardena. Arrivati in cima, dopo circa un’ora e quaranta di cammino, la vista si apre al panorama.

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Durante la notte e la mattina la neve è rimasta aggrappata alle montagne. Ora è sparita e si è trasformata in dolce acqua per i prati e fiori e animali.

Siamo arrivati alla baita Sanon per un pranzo leggero e poi a prender il sole. Ci siamo, ovviamente, arrostiti mentre dormivamo sulle sdraio offerte dalla baita. Anche il nostro amico ha approfittato del sole su una panca.

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Dopo aver riposato abbiamo ripreso la marcia per il ritorno a casa. Foto ricordo di questa impresa del nostro amico le potete vedere qui sotto.

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Al ritorno abbiamo intrapreso il sentiero dei mulini. Sono due. Crediamo ancora funzionanti per i turisti. Oggi non erano in funzione.
Arrivati alla fermata del bus, ormai euforici della camminata e per non attendere circa 40 minuti, abbiamo deciso di andare a piedi in albergo. Ultimo strappo, tipo Gran Premio di Montagna di ciclistica memoria, prima del  meritato bagno defaticante nella spa.

Domani è l’ultimo giorno di montagna chissà cosa ci organizzerà il nostro amichetto giallo.