Dopo il turno mattutino e altri impegni, nel pomeriggio mi sono concesso una passeggiata rigenerante, defaticante, a Villa Pamphilj.
Chi abita questo quartiere, Monteverde, sa che Villa, cosi la chiamiamo amichevolmente, può considerarlo il proprio giardino. Un’estensione verde della comunità. Un’oasi all’interno della capitale. Entri e subito sei immerso nella natura e come per magia i rumori urbani di motori e clacson e traffico spariscono, si fanno più soffusi.
Entrando, oggi, subito mi si parano davanti due suore come a dovermi ricordare che in fin dei conti, nella Città Eterna, dobbiamo avere a che fare con la religione.
Le lascio passare, le sento parlare a bassa voce quasi a non voler disturbare, e continuo la camminata tra i viali e le fontane e gli alberi della storica villa. Qui, durante la difesa della repubblica romana nel 1849, fu teatro dei uno dei più cruenti ed aspri scontri tra le truppe francesi che occuparono palazzo Corsini, a via della Lungara, e le truppe garibaldine che tentarono di riconquistarlo. Se entrate dalla parte di Porta San Pancrazio, potete vedere ancora le palle di cannone incastonate tra i muri. Qui durante un assalto fu ferito a morte Goffredo Mameli. Certo la villa era diversa da come la conosciamo oggi, era un tutt’uno con la campagna romana che dalle mura aureliane si estendeva fuori la città. Insomma sono luoghi importanti. Ogni anfratto di questa città è ricco di storia.
Mi addentro verso il laghetto e tra i cigni e papere e germani reali la mascotte della villa, una volpe chiamata Giglio, si trova a suo agio e guarda sorniona gli esseri umani. Sul perimetro del lago artificiale è un via vai continuo di animali, tartarughe acquatiche abbandonate da qualcuno che hanno trovato il loro habitat proprio qui. Ahimè noto anche che una colonia di topi passeggia tranquilla tra i pezzi di pane e scarti di cibo che la gente porta per i pennuti. Con il loro fare ansioso cercano di raccogliere e mangiare più cibo possibile. Ci vorrebbe una bella colonia felina per cercare di controllare il loro proliferarsi.
Prendo il viale a sinistra del laghetto e inizio una leggera salita che mi porta verso i “campi polo“, chiamati così perché in questo pezzo pianeggiante molto grande pakistani ed indiani giocano a cricket. Forse qualcuno ha sbagliato a chiamarli campi polo, chissà. Forse fa parte di quelle leggende metropolitane, tipo i coccodrilli nelle fogne.
Prima di arrivare ai “campi polo” sulla destra posso notare lo skyline del quartiere col tipico campanile della parrocchia Madonna de la Salette che si staglia alto tra i palazzi.
Continuo, do uno sguardo al Casino Algardi e al suo bellissimo giardino. Costeggio la recinzione dei giardini e torno verso l’inizio della villa.
A farmi compagnia durante tutta la camminata il canto dei pappagalli che hanno preso possesso di alberi e anfratti. Con la calura estiva, se vi capita di venire a villa, pare di essere in una foresta tropicale dal chiasso che fanno questi pennuti dai colori sgargianti.
Termino da dove sono entrato andando a bere alla fontanella che da molto tempo fa sgorgare l’acqua. Ora hanno installato un rubinetto a pulsante, prima c’era una testa della lupa capitolina che buttava acqua dalla bocca e dal naso, se con le mani si faceva da tappo.
Oggi è stato un tuffo nella natura urbana, un ritorno al passato, alle domeniche pomeriggio trascorse in bici o col pallone, con colonna sonora la trasmissione radio “Tutto il calcio minuto per minuto” . Ora la radio è stata sostituita dall’ipod o smartphone, tutti chini, me compreso, a controllare notifiche e varie amenità tecnologiche distraendoci dalla natura che continua a modificare il paesaggio della villa.