Nelle terre leggendarie.

Martedì seguiamo i consigli del nostro nottambulo giallo e ci avventuriamo per il sentiero che parte da Capanna Alpina, superando Col De Locia, arriva alla malga Gran Fanes.

Arriviamo di buon ora al parcheggio dove lasciamo l’auto e ci prepariamo per la camminata. Sappiamo già che ci attende una bella salita fatta di gradoni e pietre, ma siamo fiduciosi d’altronde è il nostro ultimo giorno qui in Val Badia e vogliamo concluderlo in bellezza. Il sentiero si snoda in una vallata e subito inizia a salire. Incontriamo i primi gradoni e qualcuno esclama: ” Dai che siamo quasi arrivati!”, avendo letto che ci voleva almeno 1 ora per salire avevo molti dubbi a riguardo, eravamo “partiti” da poco. L’amichetto giallo doveva recuperare le forze spese durante la notte ed è rimasto per buona parte del cammino dentro lo zaino a dormire. Invece il nostro piccolo quadrupede saliva e camminava e annusava. Piano piano riusciamo ad arrivare a Col De Locia.

la “terrazza” di Col de Locia

La vista è stupenda. La giornata ci permette di ammirare il gruppo del Sella col Piz Boè e tutta la vallata sottostante. Riprendiamo il sentiero ancora un po’ frastornati dalla immensità della natura montana. Esso si snoda in una vallata ricca di leggende. La leggende del Regno di Fanes ( qui potete trovare tutta la storia).

Durante il cammino notiamo un ruscello. L’acqua che scorre è gialla, la colorazione è dovuta ad un’alga alpina. Il sentiero è bello lungo e in pieno sole. L’abbronzatura è assicurata. Durante il percorso incontriamo una grossa radice di albero messa lì, forse, dai nani che popolavano queste terre e molte biciclette. Molto gettonata è il giro ad anello del “regno del Fanes” (qui un video).

La vallata assolata.

Dopo circa 2 ore e mezza di cammino siamo arrivati alla malga di Gran Fanes. Ci siamo diretti velocemente alla fontana per bere e bagnarci la pelle arrossata dal sole di alta quota, si cammina costantemente sopra i 2000 metri. Decidiamo di fermarci per il pranzo e per far riposare il cane, provato anche lui dalla camminata. Dopo un’oretta di sosta e un buon pranzo finito con una buonissima torta di mele abbiamo ripreso la via del ritorno. Ad un tratto sento lo zaino muoversi, non faccio in tempo a toglierlo dalle spalle che lui è uscito e si è messo subito in posa per la foto.

Lui in posa.

Lungo la strada notiamo molte persone fermarsi e fotografare pezzi di prato. Incuriositi lo abbiamo fatto anche noi e sorpresi fotografiamo le “stelle alpine”.

Alcune stelle alpine.

Percorriamo lo stesso sentiero dell’andata solo che ora fa più caldo. Arriviamo alla “terrazza” di Col de Locia e cominciamo a scendere per i gradoni. Fate attenzione, è molto facile scivolare. Stando attenti per scendere dal passo ci vuole lo stesso tempo che si impiega per salire. Tornati al punto di partenza, una sosta al bagno e un’altra alla fontanella per bere. Prendiamo l’auto e ci lasciamo alle spalle il Regno del Fanes. Ciao Val Badia, alla prossima.

Sass de Putia, c’eravamo tanto amati ma…

Ma siamo in Scozia?!

Lunedì, il piccoletto giallo ci (ri)propone il Passo delle Erbe col giro ad anello del Sass de Putia. Lasciamo l’auto al parcheggio (5 €), e piano piano ci dirigiamo verso il percorso che dovevamo intraprendere.

Molti escursionisti sulla strada, così come famiglie col passeggino al seguito e molti quadrupedi. Il giro che ci ha proposto il nostro organizzatore è il giro antiorario della montagna, passando per la forcella de Putia, continuando per Utia Vaciara (Malga Vaciara, Utia è in Ladino), passo Goma , Utia de Goma e tornando a Munt de Furnela che è la nostra partenza.

Iniziamo a camminare, dopo una breve sosta alla Malga Munt de Furnela, il sentiero si snoda per prati di alta quota e costruzioni di legno e fiori. Il tempo non è dei migliori, nuvole grigio scure corrono veloci sulle nostre teste, in lontananza vediamo che qualcuna di loro sta scaricando il suo carico di acqua. Impensieriti da quanto vedevamo all’orizzonte abbiamo iniziato ad aumentare la velocità dei nostri passi. La stradina montana inizia ad arrampicarsi lungo le pareti e ghiaioni della montagna. Un gioco di sottile equilibrio. Vista stupenda, ad un tratto si apre ai nostri occhi la Val di Funes. Voltando lo sguardo verso l’orizzonte le vette di confine sono coperte ancora dalla neve.

Ad un tratto ci fermiamo. Incrociando le varie persone che stanno camminando nel senso opposto al nostro e prestando massima attenzione a farli passare su quel piccolo tratto di strada aggrappato alla montagna e alcuni passaggi a picco sui valloni circostanti, decidiamo di tornare indietro. Forse non eravamo allenati a questo tipo e tipico sentiero di montagna. Piano piano torniamo a Munt de Furnella e preferiamo rimandare questa escursione la prossima volta che torneremo su queste montagne. Il piccoletto giallo, ha avuto paura anche lui e non si è mosso dalla tasca sicura dello zaino sulle mie spalle.

Gardenaccia

Verso il rifugio

Lunedì è stata una tappa di trasferimento. Da malga Ciapela a Badia,Val Badia, passando per Arabba. Volevamo fare una passeggiata per Arabba, ma il mal tempo annunciato non ci ha permesso di continuare la nostra camminata. Anzi, durante il giro panoramico, prima della pioggia, una marmotta ci ha guardati sorniona come se stesse pensando: “ma guarda sti matti..”

Tornati di corsa verso la macchina, ci siamo diretti verso passo Campolongo. In circa mezz’ora d’auto siamo arrivati a Badia e abbiamo deciso di pranzare in albergo. La pioggia battente ci ha fatto trascorrere il resto del pomeriggio.

Il giorno dopo il sole ci accoglie e seguiamo i consigli dell’intruso giallo. Ci dirigiamo verso il rifugio Gardenaccia.

Saliti dal lago di Sompount il sentiero si inerpica tra piste da sci di fiori montani e pascoli erbosi dove le vacche trascorrono la giornata. Superati ci siamo trovati davanti una “scala” che ci ha permesso di arrivare a 2000 metri al rifugio.

La pista da sci
Foto prima del temporale

Durante la sosta per il pranzo un temporale estivo ci ha dato il benvenuto e siamo rimasti dentro il rifugio in attesa di qualche schiarita.

Panorami dal rifugio Gardenaccia

Passata circa un’oretta e qualche grappa al cirmolo il sole fa di nuovo capolino tra le grigie nubi e scegliamo di riprendere il cammino del ritorno. Ovviamente lui non ama la pioggia e non è uscito dallo zaino, anzi ogni tanto si lamentava dei sobbalzi dovuti ai gradini naturali del sentiero.

La sera stanchi morti siamo svenuti sul letto. Lui ha cercato un nuovo itinerario.

Nel cuore delle Dolomiti.

Siamo tornati sulle montagne a noi note. Con quel colore rosa al tramonto. Ovviamente è riuscito ad infilarsi tra i bagagli, non so come fa, l’amichetto giallo. Durante il viaggio in auto è stato muto, immobile, insomma è riuscito a farla franca anche al nostro piccolo quadrupede. Appena arrivati, una volta sistemate le valigie, eccolo saltare fuori dallo zaino. Sarà stata l’aria con quell’odore di sottobosco e resina e camomilla che lo avrà fatto svegliare. Oramai ci abbiamo fatto l’abitudine, anzi a dir la verità ci da una mano a prepare gli itinerari. Mentre noi dormiamo lui, di notte, studia le carte e la mattina ci fa trovare tutto pronto per l’escursione. Ieri, domenica, ci ha proposto quello per il rifugio Falier in Valle Ombretta. Partendo dall’albergo dove abbiamo trascorso i primi giorni di luglio, siamo scesi verso la località Malga Ciapela dove c’è la partenza per la funivia per la Marmolada. Abbiamo svoltato verso destra e ci siamo immessi nel bosco tra mucche e pecore e agnelli al pascolo. Passata malga Ciapela ci siamo inerpicati lungo il sentiero arrivando a Malga Ombretta a circa 1900 m di quota. Durante la passeggiata ci ha colpito il caldo che avvertivamo. Lo sentivamo salire dalla terra. Solo nei tratti all’ombra si poteva trovare refrigerio. Anche Milo ha accusato il gran caldo.

Ci siamo lasciati alle spalle la malga, ma con l’intento di fermarci al ritorno per degustare il suo famoso yogurt, ci siamo diretti verso il rifugio Falier.

Alle sue spalle la parete sud

Il rifugio, come la valle, si trova tra la parete sud della Marmolada e cima Ombretta e il passo di Forca Rossa che porta verso il Passo San Pellegrino. Al centro di questa valle c’è il centro geografico delle Dolomiti.

Centro geografico delle Dolomiti

Arrivati al Rifugio abbiamo pranzato, riposati un pò. Per riscendere a valle abbiamo preso la “scorciatoia” e siamo tornati a Malga Ombretta per lo yogurt. Piano piano siamo scesi verso Malga Ciapela e siamo tornati, stanchi ma contenti, in albergo.

Rifugio Falier

Purtroppo sulla via del ritorno abbiamo notato un via vai di elicotteri dei soccorsi. Quando siamo tornati in albergo siamo riusciti a capire il perché di quei voli. Purtroppo verso le 14 si è staccato un pezzo di ghiacciaio ed ha travolto delle persone. La sera abbiamo dedicato alle vittime il canto Signore delle Cime. Non ci voleva.

istruzioni per l’uso

Immagine

Le vacanze, forse, si avvicinano. In giro per la città già si respira questo clima. Il pomeriggio negozi chiusi e strade deserte. Centri commerciali pieni, purtroppo aggiungo io. Sono luoghi dove stare al fresco. Il centro, non commerciale ma storico, è un via vai di turisti con l’immancabile divisa: cappelletto, pantaloncini, canotta, sandali con fantasmini, bottiglia al seguito. Li vedi aragostati i nordici; paiono pannelli fotovoltaici. Tedeschi, russi e tutti i “vichinghi” che fanno riserva di sole per l’inverno nordico.

Ed io che li osservo, che li porto in giro, al mare. Dispenso informazioni in una neolingua mista di italiano, inglese, spagnolo con qualche spruzzata di francese. Però alla fine, molto alla fine, capiscono, ci capiamo e ci salutiamo allegramente augurandoci buona giornata.

E così scorre la giornata tipo di un “caronte” che scorrazza turisti e concittadini in lungo e in largo tra le pieghe della terra e lo scorrere del metallo sotto i piedi. Invito tutti voi a dare uno sguardo di partecipata solidarietà a chi, nonostante il caldo torrido, le mille difficoltà, vi porta in giro. Basta poco.